ca doro venezia

La Ca’ d’Oro è un noto palazzo situato a Venezia, posto nel Sestiere di Cannaregio, affacciato sul Canal Grande. Dal 1927 è adibito a museo come sede della Galleria Franchetti.
Nel 1412 venne acquistata dal mercante veneto Marino Contarini una vasta area presso il confine di Santa Sofia, comprendente anche di una costruzione tale da essere definita Domus Magna, la Ca’ d’Oro deriva dalla ristrutturazione di questa fabbrica iniziata intorno al 1421.

Dopo la morte del mercante Contarini, avvenuta nel 1441, la proprietà venne divisa tra le figlie di quest’ultimo innescando una lunghissima serie di passaggi di proprietà e di ristrutturazioni alterandone la fisionomia specialmente all’interno del palazzo. Intorno al XIX secolo, per ordine del proprietario di allora, Alessandro Trubetzkoi, il palazzo fu sottoposto a una ristrutturazione di cui fu incaricato l’architetto Giovan Battista Meduna che attuò modifiche tali da modificare pesantemente la facciata della dimora. Nel 1894 la Ca’ d’Oro venne acquistata dal barone Giorgio Franchetti che volle attuare un restauro fisiologico tale da riportare il palazzo ad avere un aspetto quattrocentesco. Fin da principio lo scopo dell’edificio era quello di ospitarvi la propria collezione d’arte e di renderla accessibile al pubblico.

Gli interni e il Museo della Galleria Franchetti a Venezia

La denominazione deriva dal fatto che originariamente la facciata del palazzo era ricoperta d’oro, tale rifinitura faceva parte di una policromia ritenuta uno dei massimi esempi di gotico fiorito veneziano. Essa è caratterizzata dalla pronunciata asimmetria tra la parte sinistra in cui si sovrappongono tre fasce traforate e l’ala destra in cui prevale la muratura rivestita da marmo pregiato con delle aperture isolate. Tale asimmetria non è data dalla mancanza dell’ala sinistra, ma fu una scelta dettata dal fatto che non era disponibile altro spazio su cui costruire: il palazzo, quindi, non è incompiuto. Nonostante questo l’insieme del palazzo è completamente equilibrato perché i pieni e i vuoti sono sapientemente equilibrati. Nell’aspetto esteriore presenta molti elementi di contatto con Palazzo Ducale come le forme del traforo posti al primo piano e la fascia merlata di coronamento. Internamente il palazzo ha una forma a C che si sviluppa attorno a una corte scoperta, al centro del quale è posizionata una balaustra di protezione chiusa attorno al foro di un pozzo, chiamata “vera di pozzo”. Realizzato interamente in marco broccatello di Verona, ad opera di Giovanni e Bartolomeo Bono intorno al 1427 il quale vi scolpì sui tre lati le allegorie femminili della giustizia, della fortezza e della carità. Alle logge della facciata corrispondono all’interno dei lunghi saloni, detti portego, che attraversano l’edificio in tutta la sua profondità: tipico dei palazzi veneziani.
Durante i lavori intapresi da Giorgio Franchetti venne realizzato un pavimento marmoreo nel portico e nel piano terreno. Esso ricopre una superficie di circa 350 metri quadrati utilizzando la tecnica dell’opus sectile (marmi tagliati per realizzare decorazioni a intarsio) e la tecnica dell’opus tessellatum (tecnica medioevale che consiste nell’assemblaggio di piccole tessere di marmo, pietra, vetro o ceramica). I motivi geometrici rappresentati nella decorazione si ispirano alle pavimentazioni medioevali delle chiese della laguna veneta come la Basilica di San Marco a Venezia. Giorgio Franchetti disegnò personalmente le geometrie del pavimento e si impegnò nella sua realizzazione scegliendo di non utilizzare i materiali classici come il marmo e le pietre ma di utilizzare i materiali più pregiati quali il serprentino, il cipollino verde, il marmo luculleo e molti altri.
La Galleria Franchetti ospita la collezione d’arte privata raccolta da Giorgio Franchetti nel corso della sua vita. In vista dell’apertura del museo vi furono donate delle opere appartenenti alle collezioni statali di cui fanno parte i dipinti veneti e fiamminghi, bronzi e sculture. alcune delle opere di maggior rilievo contenute all’interno della Galleri Franchetti sono il “San Sebastiano” di Andrea Mantegna, la “Giuditta” di Tiziano, la “Venere dormiente” di Paris Bordone e ampie porzioni di affreschi di Giorgione, proveniente dalla facciata del Fondaco di Venezia, un palazzo situato nel Sestiere di San Marco in posizione adiacente al Ponte di Rialto.
Oltre all’esposizione di opere d’arte di forte rilievo, il Palazzo ospita vari laboratori dedicati alla conservazione e al restauro.

I capolavori della Galleria Franchetti

La Galleria Franchetti ospita uno dei più importanti quadri della pittura italiana: il San Sebastiano di Andrea Mantegna.
Nel periodo rinascimentale gli artisti si sentivano fortemente legati alla cultura classica considerando il medioevo una fase di decadenza. L’arte rivolse quindi il proprio interesse al mondo classico non solo per imitarlo, ma come punto di partenza per la creazione di qualcosa di nuovo. L’arte classica si concentrava perlopiù sullo studio della natura per rendere più vera la scena rappresentata, utilizzando anche la prospettiva e le proporzioni. Andrea Mantegna nacque nel 1431 ad Isola di Carturo in provincia di Padova. La sua prima formazione avviene nella bottega di Francesco Squarcione, personaggio appassionato di archeologia classica. Mantegna ebbe modo di sviluppare una profonda conoscenza dell’arte antica, destinata a rivelarsi decisiva per la sua affermazione in campo artistico. Nel 1222 l’ambiente padovano diventa fondamentale per la formazione di Mantegna. La città è, infatti, sede dell’università in cui si insegna l’aristotelismo e l’antichità classica con la presenza di artisti del calibro di Paolo Uccello, Filippo Lippi, Andrea del Castagno e Donatello. Fra il 1459 e il 1460 Accettò l’invito di Ludovico Gonzaga a trasferirsi a Mantova dove rimarrà per il resto della sua vita, salvo qualche breve viaggio culturale. La tecnica utilizzata per dipingere il San Sebastiano è la tempera a colla su tela: essa si prepara facilmente mescolando i pigmenti del colore con la gelatina sciolta in acqua calda. La caratteristica positiva di questa tecnica è la presenza di una grande luminosità, ma purtroppo la materia rimane piuttosto fragile e soggetta a mutamento del colore in fase di asciugatura.
Il dipinto raffigura il santo romano di origine francese venerato come martire dalla Chiesa Cattolica in quanto protettore di epidemie trafitto dalle frecce.
Il dipinto è identificabile tra le opere rimaste nella bottega del pittore fino alla sua morte avvenuta nel 1506. Tale opera viene, in genere, collocata nella fase finale della vita dell’artista, per gli oscuri presagi legati al cartiglio (elemento decorativo scolpito o dipinto identificabile in un rotolo cartaceo). L’autore si era già dedicato alla rappresentazione del santo San Sebastiano: una prima opera dipinta in età giovanile oggi conservata all’interno del Kunsthistorisches Museum di Vienna, l’altra dipinta in età più matura conservata al Louvre. Il dipinto in questione si trovava nella bottega dell’artista come il quadro “Cristo morto”. Venne probabilmente acquistato dal cardinale Gonzaga. A differenza delle due opere precedenti, Il San Sebastiano contenuto a Venezia è un’opera intensa, espressiva e sicuramente tormentata, la classicità lascia il posto al dramma della sofferenza. Il Santo viene rappresentato seminudo, in uno sfondo neutro di colore nero all’interno di una finta cornice dove sono appese due file di perline di vetro e corallo. Il corpo legato domina tutta la scena con il volto parzialmente in ombra e lo sguardo sofferente. Molti dettagli regalano un senso di movimento alla figura: i capelli del giovane San Sebastiano, la posizione inclinata e il drappeggio del vestito che si divide in due drappi svolazzanti alle estremità. Le freccie attraversano il corpo del martire con una traiettoria discordante, ogni freccia segue una sua direzione senza un criterio logico passando spesso sottopelle per poi riuscire fuori per accentuare la sensazione di dolore che prova il soggetto e suscitare la compassione nell’osservatore. In basso è posizionata una candela: un “memento mori” (traducibile in italiano “ricordati che devi morire”) particolarmente significativo vista l’età avanzata del pittore. Il cartiglio recita tale frase :NIHIL NISI DIVINVM STABILE EST / COETERA FVMVS “nulla è durevole tranne Dio: il resto è fumo”.

 

Come scegliere il biglietto giusto Ca' d'Oro e Accademia

Biglietto Ridotto: cittadini dell’Unione europea di età compresa tra 18 e 25 anni e i docenti delle scuole statali italiane con incarico a tempo indeterminato.
Biglietto Gratuito: ragazzi minori 18 anni di qualunque nazionalità, docenti e studenti di Architettura, Storia dell'Arte e Accademia delle Belli Arti con adeguata documentazione, membri ICOM, giornalisti con tessera, diversamente abili con accompagnatore, personale del Ministero dei Beni Culturali. 

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